pARTIcORali <<< ritorna su
IN RICORDO DI PIETRO CORRIAS PRESIDENTE DELL' ASSOCIAZIONE CULTURALE "pARTIcORali" DI ORISTANO
L’Undici di maggio del duemila e 10 Pietro Corrias è…, cerco nel mio vocabolario personale la parola che preferisco dire, per te, quella che sento più vera in questi neppure dieci giorni dallo scherzetto amaro che ci hai giocato. È scomparso, scherzetto, è scomparso. Undici è numero a me caro, Pietro, lo sai, e tu hai scelto un’alba di undicesimo giorno di un maggio d’inverno per fuggire. Anche questo ricorderemo: un’estate testarda che si allontana se troppo attesa. E piove sulla tua scomparsa. Scherzetto. Ti conosco da oltre trent’anni, non sono pochi. Ragazzina andavo in Consiglio Comunale ad imparare da te la passione rossa. Eri più magro. Ogni tanto mi portavi a casa qualche tua vecchia fotografia, vanesio d’un rivoluzionario! Venivi, a raccontarmi la Storia con le sue memorie. Dove sei, adesso? In quale cappello di prestigiatore (capiente) ti stai nascondendo? Sei assieme a conigli bianchi? A drappi multicolori? Colombe? Cuba libere? Tra parole che mai hai imparato, dell’Est Europa che tanto hai amato? Mi ricordo il tuo ultimo viaggio in Ungheria, quando andasti in un’edicola per acquistare un quotidiano e ne uscisti con una bottiglia d’acqua in mano, e la bufera in cui finisti, di venti e acque. Mi raccontasti la paura più grande vissuta nella tua vita. La seconda e ultima tocca a me dirla, se l’hai compresa. E dovrà farti sorridere e anche arrabbiare, perché sul nostro ring personale è sempre andata così. E nulla cambierà adesso che sei in giro per scherzetti. Ma mi leggerai, curioso, ancora vanesio di sapere che cosa si dice di te, in questo luogo lasciato. Brutto scherzo, sì. Mi guarderai, attento che io non riveli i tuoi segreti confidati, ma per farti un dispetto, simile ad una linguaccia, qualcuno lo rivelerò, tra qualche anno. Per punirti di questo abbandono.
Tanta gente ha accompagnato la bara con il tuo nome, questo forse l’hai guardato, nascosto dietro la colonna più larga della chiesa francescana. E tu certo avevi il tuo pugno rosso alzato accanto ai santi. Gli altri mani giunte, sudate di una nostalgia che non sanno più far rivivere. Se hai protestato non ti abbiamo sentito, ma un piccolo corvo ha volato basso sulle corone dei saluti. Sul nastro di un mazzo di fiori in dono ho letto Panificio e il profumo dei tuoi pani, e solo quelli, ogni giorno cascasse il mondo. Forse c’erano anche fiori in profumo di quagliette, e non li ho visti. E i ravioli di Cabras? Altri orfani. Le cose, i numeri che scompaiono dalle memorie dei telefoni. Le cose, i gesti: la tua maglietta gialla margherita di campo, l’infezione all’unghia, la pomata ocra accanto all’orecchio. Gli ascensori che pretendevo di prendere, per non umiliarti a fare, lento, scale. La vita intera del “Compagno Cardia” raccontata in ogni suo anfratto; non fa ridere, Pietro, che sia stato un muscolo cardiaco a tradirti? Ridi, sì, ridiamo ancora, ovunque tu ti sia nascosto. Le cose. Ho tanti limoni quest’anno nella pianta. A chi li darò a chi li darò. Brutto scherzetto hai fatto ai tuoi gatti, dispettosi come te, sempre. E Nerino, l’hai trovato? Non hai mai avuto fantasia nel dare il nome ai gatti, non ti sforzavi. Scommetto che adesso non ti arrabbieresti tanto di essere svegliato a mezzanotte da chi, sdraiato a letto in casa sua, e sopra la tua, ti telefonava quando gli sfuggiva l’ultima soluzione che concludesse un cruciverba. Dirò io ai tuoi ragazzi quanto amavi preparargli la corda d’agnello con piselli, senza certo lasciar vuoto il tuo gran piatto. Goloso! Vai in palestra, Pietro, ti dicevo, ma forse sempre ti è sembrata un luogo per anziani poco rivoluzionari. Chissà. Sbagliavi un sacco di cose, tu, prepotente, e gridavi gridavi, ancora contro questo mondo tutto storto, sporco, senza almeno un brandello di rosso di bandiera. Onestà d’intellettuale: te la meriti intera questa definizione, ma aggiungo intellettuale della strada, con i poveri e i semplici: coloro che gustano ancora il sapore del tuo pane. Che tu fossi un avvocato non hai mai voluto metterlo in targhetta di convegno, e neppure accanto a un campanello. Presidente mio Presidente, e adesso? Che farà la nostra Associazione Culturale di orfanelli senza il “babbo” che provava a calmare i suoi bambini dalle bizze degli artisti, dalle glorie sciocche degli specchi? Che farà senza l’equilibrio di una saggezza umana quasi mai riconosciuta? Che gusto potrebbe mai esserci a non litigare con un logorroico Presidente che la fretta la ricordava solamente se la fame iniziava a morsicargli la pancetta. Ahi, Pietro, quando pensavi d’essere in un grande Comitato Centrale di antico Partito Comunista, e dovevamo prenderti per i piedi e riportarti a terra. Protestavi nelle piccole vene delle guance. Però anche a te un po’ di gloria doveva baciarti la fronte, ché ti placasse altri dolori e solitudini che raccontavi a pochi, doveva, sberleffo alle carriere degli opportunisti con sedia di Partito. Per questo abbiamo sempre difeso, in molti, il nostro Presidente. Uno scudo attorno alla purezza antica del pensiero. Meno puro il tuo vegliardo sguardo, maschio, a ogni seno grosso di signora. Chissà se ne vedrai, in questo tuo scherzetto d’andare a passeggiare chissà dove. Prima dell’alba dell’undici di maggio ti minacciai, Avvisami se muori, e tu, Certamente. Siccome sei un uomo di parola, e per notizia di decesso non mi hai telefonato, io sono tranquilla. Quindi aspetto che ritorni. Magari un giorno mi giungerà una cartolina da Cuba di cui sarai diventato il nuovo Presidente. Non ci piacciono i cipressi, anche se bagnati da tante lacrime, alcune rosse altre un po’ sbiadite, degli amici.
S.D.M. (18 maggio 2010)
A Pietro Corrias, caro amico
Non so proprio da dove incominciare, so invece con molta chiarezza
di avere dentro di me una grande tristezza.
Alle quattro e trenta del mattino dell'undici maggio, Pietro se n'è
andato.
Era il Presidente della nostra Associazione Culturale pARTIcORali,
un caro amico.
Lunedì 10, nel pomeriggio, noi del Direttivo ci siamo riuniti per
promuovere nuove attività e concretizzare le proposte già condivise.
Si vedeva che Pietro non era in forma, ma niente lasciava prevedere
quel che poi sarebbe successo.
Massimo, che ci ospitava, cercava di coinvolgerlo dicendogli: Dai
Pietro, oggiAggiungi un appuntamento per oggi non ti vedo molto
partecipativo!
Aveva mal di stomaco, un peso fastidioso, e dei dolorini vaghi al
petto e alle spalle, e poi la nausea, la necessità del bagno...
Pensandoci ora tutto sembra più chiaro, viene da dire:Come è
possibile non averci pensato!
Sembrava un'indisposizione, lui stesso aveva detto in auto:Ho
mangiato dello spezzatino, ieri sera, ma non credo possa avermi
fatto male! Ed io scherzando gli avevo risposto:Ah, Pietro, di' la
verità, quante spezie hai messo nello spezzatino?
Ma lui non aveva voglia di scherzare evidentemente e mi aveva detto:
Non uso spezie quando cucino..
L'incontro è andato avanti per un po', ma poi lo abbiamo visto
diventare pallido e abbiamo deciso di interrompere la riunione. Non
si è opposto.
Prima di salire in macchina gli ho chiesto se voleva che guidassi
io, la stessa proposta gli hanno fatto Massimo e Anna Maria, ma lui
ha detto che non c'erano problemi, poteva guidare tranquillamente.
Ha accompagnato prima me e poi Beppe a casa, ci ha lasciati dicendo
che con suo figlio sarebbe andato dalla guardia medica.
Verso le ventuno ho telefonato più volte a casa sua, non ha risposto
nessuno, ho pensato che fosse ancora dal medico, ma la nostra
preoccupazione andava aumentando.
Ho chiamato Savina e da lei ho avuto notizie più volte. Per un
controllo più approfondito la guardia notturna aveva mandato Pietro
al Pronto Soccorso, per precauzione era stato trattenuto e
ricoverato in ospedale. Savina aveva parlato con lui al telefono,
persino scherzato. Tutto sembrava essersi risolto.
Poi è arrivato un primo leggero infarto, Pietro lo ha superato e si
è ripreso, ma più tardi, nel corso della notte, quello definitivo
non ha lasciato speranza.
Alle quattro e mezza del mattino, il nostro Presidente se n'è
andato.
Verso le sette e mezza, Savina ha chiamato per comunicarci,
annichilita, ciò che era successo.
Che dire di lui? Mi viene difficile ma so che riuscirò.
L'ho conosciuto quattro anni fa circa, quando la nostra Associazione
è nata, lui ne è diventato subito il Presidente. Era vedovo da due
anni e credo che questa nuova esperienza lo abbia aiutato, abbia
dato un senso alla vita.
Era un uomo disponibile, schietto e passionale in tutto ciò che
faceva. Bonario ma anche sanguigno, coerente sempre. Uomo di
sinistra, un vero uomo di sinistra, non conosceva compromessi, non
avrebbe potuto trasparente e onesto com'era.
Amava la politica, la cultura, lo sport, e moltissimo il luogo in
cui era nato, Paulilatino, ma anche Oristano, la città in cui
viveva. L'avrebbe voluta più attiva sotto il profilo culturale, più
fiera, e per questo si dava da fare con tenacia e passione. Era
aperto agli altri, generoso, pronto a dare sempre il suo contributo.
Quest'anno e l'ultimo scorcio di quello trascorso gli avevano
regalato delle soddisfazioni; dopo un lavoro sistematico di
approfondimenti e ricerche durato anni, aveva finalmente pubblicato
un libro a cui teneva moltissimo, il titolo è Alfredo Torrente
Quarant'anni di battaglia autonomistica per la rinascita della
Sardegna.
In realtà Pietro non era nuovo alla scrittura, aveva già firmato
numerosi articoli in più occasioni, ma quest'ultimo faticoso lavoro
di ricordo, Alfredo Torrente era stato suo grande amico, e di
ricostruzione di un lungo periodo storico, aveva assorbito nel corso
degli anni molte delle sue energie. Vi aveva messo grande cura,
rigore e tutta la sua passionalità di combattente e uomo pulito.
A lui la mia stima e il mio affetto, sempre.
Pietro
In quei giorni eri stanco,
si avvertiva nel passo più lento
nello sguardo più assente
meno attento.
Era stato notevole l'impegno
per quel tuo libro forse troppo amato,
energie profuse con passione
un orgoglio sottile dentro il cuore.
Grande l'amore per la terra in cui sei nato
e quello per il luogo in cui hai vissuto,
per i figli che sempre hai sostenuto
l'affetto per gli amici che hai lasciato.
Ora noi ti pensiamo, increduli e sconvolti,
noi che fino a ieri abbiamo lavorato
con te al fianco,
ci unisce tutti un profondo rimpianto
per la tua vita conclusa in un istante.
Piera Maria Chessa (15 maggio 2010)