2023
"ORISTANO città d’arte arena artistica di Roberto CAU"
Roberto CAU è un artista quieto e
perseverante non paragonabile per intemperanze né al
Bernini tanto meno al Caravaggio. Con essi può
condividere, per ispirazione, le dimensioni prospettiche
delle sue tele: i trittici architettonici con vista sul
golfo di Oristano delle origini; oppure la
reinterpretazione di alcuni temi e soggetti
rinascimentali e barocchi rivisitati attraverso le forme
scarabeiche. Già lo scarabeo: una delle idee formali
(una fissazione?) a cui si rifà per narrare gli ambiti
della condizione umana o in chiave pseudo-archeologica,
la classicità. Non a caso un’area della sua editrice
sita in via Bellini 15 (Roberto Cau è anche editore) è
“piccolo museo” dello scarabeo. Trovano spazio
espositivo manufatti e riproduzioni di numerosi
esemplari, nonché fotogrammi di esemplari originali
rinvenuti a Tharros o provenienti dall’Egitto; e diverse
opere in ossidiana, o altre pietre o legno di differenti
dimensioni reinterpretati da artisti o artigiani della
stessa provincia di Oristano; alle pareti anche qualche
interpretazione pittorica dello stesso CAU del
“kheperer” sacro caro ai faraoni e ai popoli
mediterranei in genere. In tale contesto la funzione
magica-apotropaica di eterna rinascita e felicità nel
divenire sarà davvero assicurata? Lo scarabeo egizio che
tanto caratterizza l’universo artistico dell’editore
dell’EPDO migliorerà davvero le facoltà intuitive e
spirituali dei visitatori? Il solo vedere e osservare
l’amuleto sacro sarà di buon auspicio? Sarà comunque
acquisizione del bello, e ogni visitatore potrà
giovarsene.
Tornando ai trittici di cui si parlava in apertura,
credo sia importante puntualizzare che il loro valore
espressivo non sta solo nell’aspetto estetico o nelle
invenzioni degli orizzonti, quanto anche nelle
architetture retrostanti -le corti ospitanti giardini ed
altro- che preludono a scenari di ben altro valore, di
cui la marina di Oristano avrebbe potuto giovarsi. E’
vero il contrario, invece; e cioè che Torre Grande
langua, sporcata e snaturata, cosicché le sue dune e le
palme restano solo un ricordo dei più vecchi o dei
dipartiti.
Se il lungomare fosse arretrato di due isolati e le
costruzioni avessero avuto fogge e caratteristiche come
quelle dipinte dal CAU: che valore avrebbe, oggi, la
beach di Oristano?
Una delle ultime fatiche artistiche del pittore di via
Bellini -Roberto Cau- ha come titolo “papiri”. Non
perché l’artista dipinga sulla superficie scrittoria
originata dalla cyperaceae, quanto perché la sua opera
narrativa appare in successione -ingannevolmente- in
forma di codice srotolato di papiro. E’ una belle
trovata artistica quella dei “papiri”, quanto originale,
che trasporta l’osservatore/lettore all’interno di mondi
sconosciuti e non, che nell’erranza dei personaggi,
sinteticamente tratteggiati, indaga come sempre la
condizione umana nei suoi slanci conoscitivi o tragici.
La stessa opera appare da tempo sui “social” o in rete
esposta in ambiente surreale o fors’anche metafisico per
la staticità dell’ambiente espressivo. E surreale
perché? Per il portato narrativo onirico che, attingendo
dall’irrazionale, tende a rivelare quanto di remoto, di
indicibile, galleggia nella psiche? L’intento
dell’artista sarà quello di esprimere una realtà
superiore o quantomeno una visione più reale e
demistificata della stessa?
Nella stanza tridimensionale e virtuale che ospita i
“papiri” -che non sono tali!- l’autore è seduto in bella
mostra su una sedia (esibizione di se stesso o ulteriore
indagatore?) e quasi si disinteressa della sua opera.
Non è distratto; ha già creato. L’opera è alle spalle e
intorno a lui. Cerca altro, viaggia verso le Torri Di
Orion, alla ricerca di nuove ispirazioni perché è
nell’azione che si crea l’opera d’arte, che non può
essere puro ornamento ma disincantata storia. Storia per
immagini, vere e proprie scenografie minimaliste sia
cromaticamente, sia per il profilo delle figure evocate.
Che concorrono a sviscerare universi desideranti o
deliri d’onnipotenza propri dell’umanità.
In un altro contesto virtuale i “papiyros” ridisegnano
lo spazio in cui si ergono i monumenti; le torri di
Mariano in Piazza Roma a Oristano e quella marinara di
Torre Grande conferiscono all’ambiente una dimensione
inusuale che in prospettiva suggeriscono la possibilità
di riscrivere la fruizione dei luoghi, degli ambienti
cittadini. Ancora una volta l’arte è capace di proporre
scenari futuribili che possono certo migliorarci
attraverso catarsi ambientali. Un concetto contiguo alla
Feng Shui che concorre sempre ad abbellire la nostra
vita.
V’è una morale in tutta questa scansione artistica
narrata dal CAU? Quale mistero cela, quale captazione
kosmika, a che tipo di purificazione sottende? La sua
arte è in linea col dettato della “Società dello
spettacolo” oppure è il suo contrario che si manifesta
“nell’erranza”, nel viaggio/sfida/sogno dei suoi
interpreti?
Michele Licheri