Padre Marco Ardu, una vita nella quotidianità francescana. Non era difficile incontrare padre Marco Ardu, francescano di Marmilla, scomparso improvvisamente nel 2017, sulla soglia degli ottant’anni e non c’era neppure bisogno di bussare al cancello del convento in piazza del seminario. Terminati gli uffici religiosi e la Messa del mattino, padre Marco puntualmente spalancava del suo piccolo negozio di oggetti sacri in via Duomo e invitava i passanti ad acquistare una copia della sua ultima fatica letteraria. Così, casualmente, ho avuto modo di conoscerlo, di apprezzare il suo impegno storico letterario, e la sua giornata nel piccolo mondo francescano sardo. E dunque, ha molti buoni motivi la studiosa sassarese Marisa Porcu Gaias, curatrice di numerosi e apprezzati saggi sulla storia urbanistica e architettonica della Sardegna, quando evidenzia, nella presentazione dell’ultima fatica letteraria di padre Marco sul “Complesso monumentale San Francesco d’Assisi di Oristano”, la semplicità francescana che non è approssimazione bensì felice conquista, perchè la narrazione si basa su fonti documentarie e bibliografiche solidissime.
E la storia del complesso monumentale di San Francesco di Oristano, riveste un’importanza notevole, specie di questi tempi, perchè diventa
sempre più attuale il discorso della valorizzazione del sito religioso-storico-ambientale, che riveste il complesso del vecchio Distretto Militare. Destinato in futuro a diventare un nuovo polo artistico-religioso e culturale della Oristano, ormai scomparsa e che ha costituito il nucleo principale della storia di Eleonora e del Giudicato di Arborea.
Un’idea che aveva contagiato lo stesso padre Marco, che si riprometteva di assemblare in un Museo Francescano, tutte le opere sparse nelle stanze del convento, le cui foto sono state raccolte in una apposita pubblicazione. Già nell’introduzione della pubblicazione, si evidenzia il valore complessivo del compendio ricco di storia, quasi come fosse quasi un “Pantheon” nostrano, da sempre museo, ma soprattutto tempio e santuario, luogo dove nasce e cresce il seme della speranza e della vita.
Qualcuno ha affermato che il Crocifisso di Nicodemo risale al Quattrocento, Altri, invece, attribuiscono la sua fattura alla Scuola Spagnola e c’è addirittura chi osa attribuirlo alla Scuola Sarda. Ma la tesi prevalente, che padre Marco sembrava sposasse, è che i Francescani abbiano ricevuto in dono il Crocifisso e che il suo culto fosse già radicato nell’animo della gente.
A conclusione di centotrenta pagine, scritte con prosa chiara e lineare, padre Marco Ardu, spende anche qualche considerazione sulla vita dei frati “meno poetica e più umana di quel che si favoleggia”. Il loro vissuto, giorno per giorno, resta un servizio offerto con fede ed entusiasmo nelle stanze del chiostro, ma soprattutto per le strade del mondo.
Beppe Meloni